domenica 21 novembre 2010

Il colloquio

E' buio, c'è una leggera nebbia e fa più freddo del solito. Cammino con la testa incassata nelle spalle e i pugni chiusi. Alzo gli occhi, l'orologio sotto il cartellone pubblicitario segna le sette e quattordici. Sono in ritardo! Mi si blocca il respiro, mi viene voglia di scavare una buca e di infilarmi dentro. Scomparire. Sono un deficiente, mi metto sempre nei guai da solo.
Corro, ma mi fermo quasi subito mi manca il fiato. Guardo in fondo alla via, per fortuna il tram non si vede. Cammino veloce, come un marciatore allungo il passo, faccio fatica. Ho smesso di fumare, ma di fiato non ne ho più, ho smesso anche di fare sport. E' una vita ormai che non faccio più niente. Il tram non arriva. Tranquillo, è tutto sotto controllo, non devo fare una tragedia.
Trascinando i piedi raggiungo la fermata. Mi avvicino alle persone in attesa, hanno sciarpe e cappelli e sono rintanate nei loro cappotti . Facendo un calcolo a spanne arriverò al colloquio in ritardo , ma non di tanto, massimo una decina di minuti, non di più. Se tutto va bene ovviamente. Ecco, in fondo alla via appare una macchia arancione.
Mi accorgo di essere in pigiama e ciabatte, e mi rendo conto che nessuno mi sta guardando.
E adesso che cosa faccio? Mi appiattisco contro la vetrina di un negozio. Cerco di capire. Fanno finta di non guardare o non gliene frega niente?
Arriva il tram , qualcuna parla, nessuno mi guarda. Ci devo salire su quel tram, devo arrivare all'appuntamento non posso rinunciare. Fermo i pensieri, non c'è tempo per fare delle speculazioni inutili, quel colloquio è troppo importante, ho assolutamente bisogno di tornare a lavorare. Vediamo di affrontare un problema alla volta, prima pensiamo al colloquio, poi penseremo al pigiama.
Faccio salire tutti, metto il piede sul predellino, ho un'esitazione. E se adesso tutti quelli sul tram scoppiano a ridere. Salgo, mi guardo intorno , incrocio gli sguardi dei passeggeri, sembra che per loro sia tutto normale. Nessun bisbiglio, nessuna risata, nessun gesto. Trovo posto a sedere , il sedile è freddo, infilo le mani sotto le cosce. Abbasso gli occhi, ormai ci sono, non posso scappare, devo fare i conti con la stupidaggine che ho fatto.
Vediamo comunque di essere razionali. Ho imparato che i problemi si risolvono uno alla volta , altrimenti non si combina niente di buono. L'ho imparato sulla mia pelle, pensare troppo fa male , mettersi troppe cose nella testa è da stupidi. Io mi sono fatto sempre delle grandi menate, sono sempre stato un idealista inconcludente. Ho conosciuto persone che hanno avuto successo solo perchè erano dei gran testardi, ignoranti come capre, ma gran testardi , e alla fine sono arrivati dove volevano. Ecco l'unica cosa che ho capito veramente, si prende un problema e lo si risolve e ci si dimentica di tutto il resto. Si cammina un passo alla volta, altrimenti uno inciampa, è un concetto semplice. Ci sono arrivato in ritardo , ma ci sono arrivato.
Bene sono le sette e ventiquattro, ho davanti il quadrante dell'orologio di un ragazzo. Appeno arrivo alla fermata devo scattare, anche se non più un gran fiato, ci devo provare, peccato che sono in ciabatte. Poi quando sarò là vedrò di risolvere la questione del pigiama , mi invento qualcosa, ci penserò . Sono persone anche loro, parleremo e mi capiranno. Spero. Certo che se arrivo in ritardo e trovo la porta chiusa pigiama o non pigiama non cambia proprio niente, il colloquio non lo faccio, questo è sicuro.
Il tram si ferma, salgono delle persone, distratte, chiuse nei loro pensieri. Nessuno mi guarda. Forse fingono e appena mi giro ridono di me. Un signora grassottella con le guance rosse ha in mano un sacchetto con del pane, fa fatica a reggersi in piedi. Faccio per alzarmi , ma il signore di fianco a me mi precede . La signora ringrazia. Avrei voluto fare io quel gesto gentile, così per scambiare un sorriso e dire magari due parole. Un tipo con i baffetti biondi ride di me. Forse no. No, non ride di me, sta raccontando una storiella a un suo amico.
Certo che non ci vuole molto a togliersi un pigiama e a mettersi un paio di pantaloni e un maglione. Chissà cosa mi è successo? L'unico fatto sicuro è che mi sono infilato in una situazione assurda. Non cambierò mai, è questo che mi uccide. Anche se non mi guardano, io però sto male, e per una stupidata poi.
Il pigiama è di un colore verdino orribile, è vecchio e rovinato e le maniche sono diventate corte. Devo comprarne uno nuovo , magari blu con i bottoni , anche se i bottoni mi danno fastidio quando mi giro nel letto. Certo non devo comprarlo solo perchè così sono più elegante, non credo che mi capiterà ancora di andare in giro per la città in pigiama. Mi giro verso la signora grassottella che però sta rovistando nel sacchetto.
Altra fermata, sale altra gente . Devo essere pratico, realista, fregarmene della gente. Non posso di certo sparire, devo andare all'appuntamento e stop, il resto non conta.
I vetri sono appannati, un signore con la fronte curva e il naso schiacciato mi lancia il suo alito che puzza di caffè e sigaretta. Mi giro , passo la mano sul vetro, riconosco il punto esatto del percorso, manca poco all'arrivo. Dimentico per un attimo il pigiama.
Ma il colloquio per che cazzo di lavoro è ? Calma, un problema alla volta. Quando sarò lì mi verrà in mente e se non mi viene in mente amen. Io sono disposto a tutto , non esiste un lavoro che non voglia fare. Non creiamoci problemi da soli, ne ho già abbastanza.
Il biglietto, non ho il biglietto. Ma adesso mi devo fare le menate anche per il biglietto! Se arriva il controllore mi farà la multa , me la faccia pure quando avrò i soldi la pagherò. Comincio a sudare, non c'è aria e fa caldo.
Un ragazza con un cappotto lungo , aperto, mi si piazza davanti, ha una minigonna; è meglio che non guardo, non voglio far figure, non si sa mai , con il pigiama si vede tutto. Rido da solo.
Il tram si ferma, chiedo permesso , dico scusi, grazie. Tutto normale, o quasi.
Corro cercando di non perdere le ciabatte, mi fermo metto le mani sulle ginocchia, riprendo fiato e riprendo a correre. Arrivo al Palazzo del Lavoro del Territorio . Sono in ritardo di quattro minuti , meglio del previsto.
Seguo le indicazioni, arrivo ad un porta a vetri sudicia . Entro e saluto , mi guardano , ma non rispondono. Ci sono delle sedie dalle gambe esili attaccate a tre lati della stanza Appoggiate sulle sedie le persone. La luce al neon abbruttisce le loro facce. Hanno tutti in mano dei fogli a parte una signora con il foulard e un vestito lungo fino alle caviglie. Devo chiedere a qualcuno cosa sono quei fogli . Prendo coraggio, faccio per domandarlo al vicino alla mia destra, ma in quel momento esce una donna dalla sala dei colloqui . Ha i capelli neri lunghi e unti , gli occhiali , un naso aguzzo e il mento a punta. Ha in mano una cartelletta verde . Adesso iniziamo, preparate i documenti, urla. Chiama il primo, dice il nome e il cognome.
Ormai i documenti non li ho, è inutile fare domande, quando mi chiamano, dico che li ho dimenticati e che li porto la prossima volta. Devo solo fargli capire quanto sia importante per me lavorare. Io non ho mai avuto problemi con la legge, non ha mai fatto male a nessuno. Guardo gli altri entrare, stanno in quell'ufficio cinque , massimo dieci minuti , poi escono e non si capisce se siano felici o tristi.
Rimaniamo in due, io e la signora con il foulard. La donna con la cartelletta verde esce, si piazza davanti alla signora con il foulard e le chiede i documenti. Lei fa segno che non li ha . Io sto per dirle che sono italiano , di farmi entrare e che poi metterò a posto anche la parte burocratica, che ho studiato e non sono un ignorante; ma non dico niente, non ci riesco, non me la sento è più forte di me.
La donna con la cartelletta dice parolacce. Ha un vestito orribile bianco e verde a quadretti, quella donna ha un senso solo in quell'ufficio, conosco il tipo, lì si sente come un dea in terra. Mi piacerebbe incontrarla per la strada e prenderla a calci nel culo.
Dai brutta stronza, se hai coraggio prenditela con me! Vorrei sbatterle quella frase in faccia, ma quelle parole mi rimangono solo nella mente. Intanto sento la fronte che diventa calda. Non parla con me , non mi considera solo perchè sono in pigiama. Io l'ho capito.
La signora con il foulard si alza , arriva alla porta , si gira e mi guarda.
Buongiorno, mi dice.
Grazie, le rispondo.
Buongiorno, dico ad alta voce. E sorrido.

mercoledì 24 giugno 2009

Recensione "La Prealpina" del 17/06/2009

Prima recensione del libro "Portale Letteratura":

giovedì 4 giugno 2009

Primo post

Portale Letteratura



Parlare del proprio libro non è semplice e forse nemmeno consigliabile, penso che i libri siano di proprietà di che li legge e non di chi li scrive.

La quarta di copertina dice:

Una storia dalle tinte tenui e delicate. Un’istantanea sulla realtà della generazione degli anni ‘60 attraverso la lente d’ingrandimento dei rapporti umani, dell’amore, di internet e in particolar modo della letteratura. Una cornice che racchiude in sé molteplici significati e che stimola riflessioni amare, a tratti divertenti, sui legami familiari e l'amicizia, e dove il protagonista si interroga sulla propria, sottile inadeguatezza.


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